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Le origini di Piateda sono remote ed oscure come gran parte dei comuni della Valtellina; gli studiosi rivelano, attraverso le incisioni rupestri scoperte a Chiuro, Teglio e Grosio, che la valle fosse già abitata nel II a.C. da popolazioni affini a quelle della Valcamonica almeno sul solatio versante retico. Durante la conquista romana la Valtellina era abitata dai Vennones o Vennonetes il cui territorio fu incluso nella Regio XI Transpadana.
Difficilmente il versante orobico, per il clima più ostile e le asprezze del territorio poteva richiamare insediamenti permanenti tuttavia, vuoi per la progressiva colonizzazione, vuoi per le vie di collegamento attraverso le valli ed i valichi di Vedello, Ambria e Venina con le confinanti valli bergamasche vennero a formarsi i primi insediamenti umani.
Il ritrovamento di una macina a palmento romana avvenuta nel 1897 a quota 1480 mt. fa supporre antiche presenze anche sul versante montano del nostro territorio.
Il toponimo del paese, chiamato già nel XIV secolo "Piateda", deriva molto probabilmente dal latino "platea", pianoro su cui poggia Piateda Alta, forse il primo nucleo abitativo storico vero e proprio poi propagatosi in altri insediamenti come Betoi, Fontane, Bessega, Gaggio, Burnicòsulle sponda e Boffetto al piano.
Nelle fonti medioevali Piateda e Boffetto ed il suo versante orobico vengono indicati come Trixivio plano; tale derivazione sembra confermata dalle secolari controversie tra questi paesi ed il loro antico comune (Tresivio) per ragioni di confine e di possesso dei beni comunali. In un documento rogato da un notaio comasco il 30 agosto 1427 furono separati i beni tra i comuni di Trexivium planum (Piateda e val d'Ambria) e Trexivium mons (Boffetto e Paiosa). Anticamente in fondovalle, ad eccezione del borgo di Boffetto non c'era che qualche costruzione adibita a ricovero agricolo.
In quel piano furono posti gli accampamenti del duca di Rohan in attesa di attaccare le truppe spagnole, appostate a Berbenno al comando del conte Serbelloni. Era il 1635 e la Valtellina, nella sua fascia pianeggiante, alluvionale come quella dove si estende il territorio comunale di Piateda, vedeva periodicamente transitare eserciti e truppe di soldati di ventura, diretti ora verso la pianura padana, ora verso le torri di Fraele (alle sorgenti dell'Adda), da dove si accedeva alla bassa Engadina. Le scorribande di quegli anni devono aver provocato molti danni, fra cui la distruzione dei due castelli degli Ambria ("vetus" e "novum") che, secondo un documento del 1386, si trovavano accanto alla chiesa del SS. Crocifisso (S. Croce adiacente ai Betoi).


La storia del comune emerge da una serie di documenti relativi ai numerosi giacimenti di ferro della zona orobica e alla lavorazione del minerale. Intorno al 1300 in Val d'Ambria si coltivavano miniere fiorenti, come si desume da un atto nel quale un "Ser Holdericus de Ambria qui stat ad Castrum Ambriae Territori Tresivi plani" promette di consegnare ad "Arigo de Bordogna in loco de Zedrascho territori de Postalexio centenari 250 ferri cruddi boni(...) de ilo Castro Ambrie aut fumi de Livrio, aut fumi de Zedrascho, aut furni Valtarteni". Inoltre risulta che nel 1465 un Della Torre di Ambria fosse un "magister ferrarius" a Boffetto. I Visconti e gli Sforza furono proprietari di parecchie di queste miniere, dalle quali si estraeva sia il ferro che il rame e talvolta anche dell'oro. Alluvioni e frane avrebbero, però, in seguito riempito d'acqua le gallerie. E' invece leggendario che in Val Venina sia stato scavato dagli schiavi il prezioso metallo utilizzato per realizzare la famosa Corona Ferrea della regina Teodolinda.
Boffetto godette di autonomia durante tutto il Medioevo e il Rinascimento; ebbe anche propri Statuti, gli "Ordini della Magnifica Comunità del Boffetto", giunti sino a noi nell'edizione del 1796, un insieme di norme e disposizioni, con il passar del tempo rivedute e corrette, che servirono a regolare la vita pubblica sotto i Visconti, gli Sforza, i Grigioni, sino alla promulgazione del Codice Napoleonico. Il borgo sembra sia sorto attorno al castello che era situato sulla riva sinistra dell'Adda e controllava l'accesso al ponte. Il toponimo pare debba riferirsi al "bufèt", cioè il luogo dove funzionava un mantice, probabilmente collegato ad un'officina di fabbro.

La fisionomia di Piateda si definì meglio con la visita del vescovo di Como Feliciano Ninguarda nei cui atti si legge:" Nei pressi dell'Adda, dalla parte della matrice, sorge la chiesa vicecurata dedicata a Santa Caterina Martire: vi è il Battistero e vi si conserva decorosamente la SS. Eucaristia; si seppelliscono i morti e vi si amministrano i Sacramenti per mano del cappellano dell'arciprete di Tresivio, che ordinariamente risiede appunto a Boffetto. Oltre l'Adda vi è un monte su cui sorge un villaggio detto Paiosa distante due miglia da Boffetto: vi è la chiesa di S. Rocco, unita alla parrocchiale di Boffetto, essendo il villaggio stesso della comunità di Boffetto.
Poco discosto dal predetto villaggio, vi è l'altra chiesa di San Vittore: e poco dopo s'incontra l'altra chiesa di Santa Croce, ambedue appartenenti alla comunità di Boffetto (2). Sopra il monte Piosa vi è un altro villaggio di circa cento famiglie tutte cattoliche, chiamato Piateda: vi è una chiesa vicecurata con sacrestia, campanile, cimitero e battistero dedicata a Santo Antonio Abate: al centro dell'altare maggiore si conserva decorosamente la SS. Eucaristia: gli altri sacramenti vengono amministrati per mano del cappellano dell'arciprete di Tresivio e vi si seppelliscono i morti. Siccome però il cappellano dell'arciprete di Tresivio non può sempre essere in luogo e, dato che il villaggio di Piateda dista da Tresivio quattro miglia abbondanti, con di mezzo l'Adda e tre torrenti - infatti durante l'inverno e specialmente con il cattivo tempo i vecchi, le donne e i fanciulli, che vi sono numerosi, possono recarsi alla matrice per ascoltare la messa e ricevere i sacramenti solo con grande difficoltà - la detta comunità ha chiesto che le venga assegnato un proprio sacerdote che vi tenga abitualmente la residenza.
Fu dato e confermato rettore della chiesa di S. Antonio di Piateda il sac. Francesco de Carugo.
Vicino vi è la frazione detta di Bessega della comunità di Piateda dove sorge la chiesa di San Rocco che conta circa trenta famiglie tutte cattoliche (3).

A due miglia abbondanti da Piateda vi è la Valle detta di Ambria in cui trovansi due chiese, una nella contrada di Ambria, dedicata a San Gregorio, che è vicecurata soggetta all'arcipretura di Tresivio da cui dista otto miglia, l'altra fuori dall'abitato, dedicata a San Bartolomeo Apostolo: in questi vallata vi sono oltre venti famiglie cattoliche.
Due miglia oltre il villaggio di Ambria, esiste un'altra frazione chiamata Agneda, con trentacinque famiglie tutte cattoliche: vi è la chiesa vicecurata dedicata a Sant'Agostino, che è soggetta all'arcipretura di Tresivio da cui dista otto miglia seguendo un'altra strada trasversale è." preziose annotazioni che delineano complessivamente una comunità composta da un migliaio d'anime.
Nelle statistiche del dipartimento dell'Adda redatto da Melchiorrre Gioia nel 1808 si legge che il comune di Boffetto ( Boffetto, Tresivio, Acqua, Piateda, Ambria) contava 2207 abitanti e nelle valli di Vedello, Ambria e Venina erano attive antiche e nuove miniere di schisto siliceo (5 grani d'oro per ogni libbra d'once 30), d'argento grigia, rame, piombo e ferro spatico affinato in un forno fusorio.

storia forno fusorio"Questo forno, rifabbricato nel 1803 sulle rovine d'altro più antico, trovasi nel luogo detto Vedello. ove più stretta si presenta la valle, 15 miglia circa distante da Sondrio, ossieno ore cinque, costumandosi di misurar la distanza ad ore colla norma di tre miglia per una.
Il fiume Caronno che scende dalla valle d'Agneda, scorrendo a' piedi del forno, provvede a' di lui bisogni.
Formata di miserabili abituri, scorgesi contigua al forno una contrada che molte rovine dimostrano essere stata ne' tempi rimoti più estesa.
Ivi l'aspetto della natura è tetro e le alte vette, che signoreggian la valle, le tolgono presto la presenza del sole. Mancano i documenti per accertare l'epoca in cui per la prima volta fu eretto un forno a ferro in valle d'Ambria: ma tracce numerose tuttora sussistono su di questo che di molti altri secondari edifici, a varie distanze collocati longo la valle, pel raffinamento delle ghise.
Antichissime tradizioni regnanti nella valle ci dicono che la prima scavazione delle miniere, abbondanti in que' contorni, sotto la protezione dei duchi di Milano Visconti e Sforza succedesse; che non un solo forno a ferro, ma due nel tempo stesso travagliassero; che ricco di cotal genere vi fiorisse il commercio, e quindi numerosa fosse la popolazione, e non indigente. Dell'inaddietro numerosa popolazione fanno fede documenti che tuttora sussistono.
Alle successive guerre che longa pezza la Valtellina travagliarono, ed anche alla mancanza del combustibile in que' tempi, suolsi attribuire l'abbandono delle miniere, l'estinzione de' forni, il decremento della popolazione. Di tale decremento altra causa puossi addurre, cioè le terribili lavine che in conseguenza de tagli de' boschi, scendendo dalle alte scogliere sovrastanti in] più luoghi alla valle e seco enormi massi traendo, fecero de' sottoposti casolai orribil guasto.
I lavori d'escavazione ricominciarono verso il 1650, non per impulso del governo grigio, sempre indifferente all'industria ed al commercio dell'Adda, ne per speculazione de' valtellini, cui forse i capitali mancavano, o che temevano di mostrarne la possidenza. Alcuni particolari del paese detto Carona in valle Seriana, confinante colle miniere della Venina, incominciarono a prevalersene per nutrire i forni a ferro in detta valle eretti. Da questi giungevasi alle miniere, per la strada che il dipartimento dell'Adda unisce a quello del Serio, attraversando la sommità dell'alpe denominato Venina. Si crede che tale escavazione senza saputa del governo grigio seguisse, e occultamente; che che ne sia, alcune famiglie della Carona pretesero aver acquisiti diritti sulle miniere della Venina ai quali rinunciarono nel 1803, epoca in cui il nuovo forno d'Ambria fu costruito "

All'unità d'Italia nel 1861 Piateda contava 1380 abitanti distribuiti in due comuni: Boffetto e Piateda; quattro anni dopo un decreto regio lo unificava e trasferiva il municipio da Boffetto a Piateda Alta. L'incremento demografico era regolarmente in aumento: 1474 abitanti nel 1871, 1650 nel 1881, 1918 nel 1901, 2069 nel 1911.
Il primo conflitto mondiale ha invertito questa crescita tanto che nel 1921 si registravano 2012 abitanti che diventavano 2171 nel 1931 e lievitavano a 2464 nel 1936 negli anni del dopoguerra caratterizzata dagli imponenti lavori idroelettrici che aveva avviato nel 1919 dalla Società A.F.L. Falck con la realizzazione dell'impianto di Boffetto; a questo avevano fatto seguito le centrali di Zappello e di Venina, oltre alle numerose derivazioni d'acqua e alle dighe di Venina e Scais alle quali erano seguite successivamente quelle di S. Stefano, Publino e Frera che hanno interessato le valli confinanti situate nei territori comunali di Castello dell'Acqua, Caiolo e Teglio. I piatedesi sono stati quelli che hanno sopportato il maggior sacrificio di vite umane e, sul lungo periodo, i lavoratori delle gallerie hanno spesso contratto una tremenda malattia: la silicosi.
Negli anni '70 anni in Val Vedello è stato scoperto un giacimento di uranio, per il quale l'Agip Mineraria ha aperto un cantiere, ha installato varie strutture, ha perforato una decina di km. di gallerie per poi tapparne gli ingressi, smantellare il cantiere ed andarsene lasciando cumuli di detriti ed un inquietante interrogativo sullo stato ambientale al quale non hanno fornito risposte esaustive alcuni studi effettuati da laureandi dell'Università Insubria di Como.
Negli anni '80 la Sondel, erede naturale delle A.F.L. Falck, ha potenziato gli impianti di Venina ampliando gallerie, bacini e condotte quindi ha ridotto l'organico potendo contare sulle innovazioni tecnologiche degli impianti telecomandati. All'ingresso del terzo millennio Piateda contava 2354 abitanti; al 31 dicembre del 2004 ne contava 2288 con la particolarità che 42 cittadini sono immigrati di 13 nazioni del globo.

Testi e foto a cura di Amonini Marino